"A volte si guardano tante cose, ogni giorno, pertanto tempo. Si guardano ma non si vedono. Il nostro tempo, il nostro modo di vivere non ti consente di fermarti, osservare, capire. La velocità intorpidisce la memoria. Forse per questo, a volte, si dice che il tempo è tiranno." -Cit. Michele liistro
Affidato alla facoltà di architettura dell'università degli Studi Roma Tre |
Nome articolo: "Ortigia: memoria e futuro"
Data pubblicazione: 2015
Autore: Michele Liistro
Editore: Edizioni Kappa
In alcuni passi di questo libro, l'autore scrive:
"In tempi remoti era una penisola collegata alla terraferma come lo è tutt'ora la penisola di Magnisi nel golfo di Augusta ed il "Plemmyrion", nel porto grande. In particolare uno dei suoi collegamenti era costituito da un istmo. L'azione del mare che ha, nel tempo, inghiottito questo braccio di terra e la realizzazione dei canali e dei fossati del sistema di fortificazioni cinquecentesche hanno reso Ortigia un'isola. C'è una storia di Ortigia che ci è pervenuta da studiosi e ricercatori, antichi e moderni, ma c'è anche una storia che non è stata scritta da nessuno perchè è impressa nella memoria dei suoi vecchi abitanti e rischia di perdersi per sempre. E' una storia che riguarda il modo di usare la città ma anche la permanenza di memoria emozionali, di episodi immaginari, di rapporti umani, di comportamenti, di abitudini e di tradizioni popolari; di luoghi, di mutamenti, di piccoli e grandi avvenimenti, di miti (...).
In questa piccola isola sono leggibili tutte le fasi del suo sviluppo urbanistico: dagli insediamenti precedenti alla colonizzazione greca all'impianto della città di fondazione; dalle trasformazioni romane e medievali alle ricostruzioni barocche, avvenute dopo il terremoto del 1963. In Ortigia si trovano i segni di quasi tutte le culture mediterranee che conferiscono a questo insediamento il carattere di una vera e propria città urbanistica".
"In tempi remoti era una penisola collegata alla terraferma come lo è tutt'ora la penisola di Magnisi nel golfo di Augusta ed il "Plemmyrion", nel porto grande. In particolare uno dei suoi collegamenti era costituito da un istmo. L'azione del mare che ha, nel tempo, inghiottito questo braccio di terra e la realizzazione dei canali e dei fossati del sistema di fortificazioni cinquecentesche hanno reso Ortigia un'isola. C'è una storia di Ortigia che ci è pervenuta da studiosi e ricercatori, antichi e moderni, ma c'è anche una storia che non è stata scritta da nessuno perchè è impressa nella memoria dei suoi vecchi abitanti e rischia di perdersi per sempre. E' una storia che riguarda il modo di usare la città ma anche la permanenza di memoria emozionali, di episodi immaginari, di rapporti umani, di comportamenti, di abitudini e di tradizioni popolari; di luoghi, di mutamenti, di piccoli e grandi avvenimenti, di miti (...).
In questa piccola isola sono leggibili tutte le fasi del suo sviluppo urbanistico: dagli insediamenti precedenti alla colonizzazione greca all'impianto della città di fondazione; dalle trasformazioni romane e medievali alle ricostruzioni barocche, avvenute dopo il terremoto del 1963. In Ortigia si trovano i segni di quasi tutte le culture mediterranee che conferiscono a questo insediamento il carattere di una vera e propria città urbanistica".
Michele liistro, Ortigia: memoria e futuro, Siracusa: Edizioni Kappa, 2015, pag.10